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Piemonte Kibbutz: quando gli ebrei sfuggiti ai lager trovarono a Torino una casa

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Un primo passo per tentare di raggiungere la Palestina

Federico Callegaro

Kibbutz TorinoDisplaced Persons: persone «spostate», da inserire in un nuovo contesto. E’ con questa definizione, coniata dagli Alleati dopo la fine della guerra, che verranno identificati più di 30 mila ebrei provenienti da nazioni diverse ma con in comune due cose: quella di essere arrivati in Italia da Germania, Austria e Polonia e quella di essere sfuggiti alla morte dopo lunghi periodi di prigionia nei campi di concentramento tedeschi.

La loro storia inizia subito dopo che la storiografia cessa di interessarsi agli eventi che li riguardano direttamente, ovvero subito dopo lo svuotamento dei lager nazisti. Questo grande flusso di uomini, donne e bambini, in fuga da un passato che volevano dimenticare, finiranno per transitare dal nostro Paese per raggiungere la Palestina. Durante l’ultimo periodo degli anni ’40, infatti, saranno così tanti quelli che sceglieranno l’Italia come via privilegiata per raggiungere il mare che Mario Toscano, uno dei primi studiosi del fenomeno, coniò per lo stivale la definizione di «porta di Sion». Da questa dinamica non si sottrassero le città piemontesi: campi di profughi ebrei nacquero a Rivoli e a Grugliasco, mentre nella campagna intorno a Torino sorsero anche i kibbutz. Colonie agricole in cui si viveva di agricoltura, con una visione comunitaria del tempo e dei mezzi che doveva anticipare e servire a formare per quello che poi sarebbe stato il futuro in Palestina.

«Sono duemila o poco più; vengono dall’Australia e dalla Germania ma non sono tedeschi e austriaci soltanto: appartengono a varie nazionalità e fuggono da vari paesi. Fuggono in cerca da un luogo migliore; lasciare quei posti che videro le loro sventure significa forse per essi la possibilità di dimenticare».

Arrivare in Palestina, però, è illegale e chi ci prova diventa un clandestino. Le autorità inglesi, infatti, nel corso del 1947 impediscono anche con la forza ai profughi ebrei di attraversare il mare. Succede per esempio alla nave Exodus che viene mitragliata e costretta a invertire la rotta. Le persone fermate a bordo, poi, vengono internati per punizione a Bergen Belsen, luogo già tristemente noto durante il nazismo. Un vero e proprio affronto anche simbolico che i profughi dei campi piemontesi non accettano e a cui rispondono con lo sciopero della fame. Ma c’è chi non si limita a quello. Nel corso del biennio ’46 ’47 vengono compiuti alcuni atti dimostrativi e diffusi volantini contro gli inglesi. I più attivi in questo senso sono gli appartenenti all’Irgun Zvai Leumi, una sorta di organizzazione indipendentista.

http://www.lastampa.it/2016/11/28/cronaca/retro/piemonte-kibbutz-quando-gli-ebrei-sfuggiti-ai-lager-trovarono-a-torino-una-casa-Q0D0drSlza6u8OzkibwCFJ/pagina.html


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